Armando Bisanti, Effetti scenici nel «Pamphilus» e nel «Babio»

 

Fra le “commedie elegiache” latine del XII e XIII secolo, il Pamphilus e il Babio rappresentano al meglio le componenti spiccatamente “teatrali” del genere comico-elegiaco mediolatino. Infatti, oltre a essere interamente dialogate – mentre tutte le altre “commedie elegiache” sono miste di parti dialogate e di parti narrative – il Pamphilus e il Babio presentano entrambe una lunga serie di elementi scenici (didascalie interne, battute a sorpresa, dialoghi rapidi a botta e risposta, e così via) che possono far presupporre un’intenzione rappresentativa da parte degli autori o, comunque, risultano finalizzati a una possibile resa scenica. Per entrambe le “commedie”, dopo una sintetica presentazione di ciascuna di esse (trama, personaggi, lingua e stile, questioni cronologiche, problematiche critiche, status delle edizioni e degli studi), vengono analizzati alcuni passi campione utili a dimostrare la qualità “scenica” dei due testi teatrali mediolatini.

 

Parole-chiave: Pamphilus, Babio, commedia elegiaca, teatro medievale

 

 

Armando Bisanti, nato a Palermo nel 1957, è ricercatore di Letteratura Latina medievale e umanistica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Palermo. Nel corso di oltre un venticinquennio ha pubblicato alcuni libri e, su riviste specializzate, numerosi articoli sulla letteratura, in latino, dall’età tardoantica al Rinascimento. Fra i soci fondatori dell’Officina di Studi medievali, è redattore di «Schede medievali» e di «Mediaeval Sophia», e dal 1999 fa parte dell’Ufficio di Presidenza dell’Officina, con la carica di segretario generale.

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Ezio Albrile, Origini magiche. Zoroastrismo e un’ipotesi psicoattiva

 

Il rito magico è sovente incline a pratiche negromantiche, cioè a una mescolanza di varie tecniche, tutte assemblate nel quadro di una magia esplicitamente demonica. Una tradizione dalle radici remote. Ne è testimonianza l’attività dei Magi mazdei trapiantati in Caldea e in Asia Minore e di là ripartiti per varie vie alla conquista del mondo mediterraneo, collegati, secondo un’antica tradizione, all’Egitto, patria di astrologi e dispensatore di misteri. Così parla la citata leggenda di Ostanes, Mago medo frequentatore di santuari egiziani, ove avrebbe avuto discepolo Democrito e, per suo tramite, Bolo di Mendes. Essi rappresentano un apporto che s’innesta sulla trama della civiltà ellenistica, piuttosto che uno specifico adattamento delle due culture, l’egiziana e l’iranica. I Magi si sono riconosciuti nei pensatori Greci e in tal modo hanno potuto imporre la loro dottrina. In Occidente il mito di Zoroastro è infatti giun­to attraverso l’incontro dei Greci con una strana casta sacerdotale mazdea, i cosiddetti Magusei, i Magi ellenizzati o Magi delle colonie greche, cioè quei sacerdoti persiani che vivevano in Siria o in Anatolia ed erano a tutti gli effetti degli emigrati, forse degli esuli, sottratti al controllo della chiesa uffi­ciale, lo zoroastrismo «ortodosso». Con il passare del tempo i Magi della diaspora si allontanarono sempre più dai rigidi precetti dell’ortodossia zoroastriana per vestire il manto dei saggi e degli astrologi che i Greci, affasci­nati dalla sapienza orientale, li invitavano a indossare. La cospicua letteratura ellenistica e tardoantica offre infiniti spunti per cogliere queste interferenze fra iranismo e culture occidentali.

 

Parole chiave: Magia, Zoroastrismo, esperienze estatiche, piante e sostanze psicoattive

 

Ezio Albrile (Torino 1962), da anni si occupa delle interazioni fra mondo iranico e le forme di religiosità dualistica tipiche dell’ellenismo e della tarda antichità (ermetismo, gnosticismo, manicheismo, etc.). È docente di Storia religiosa dell’Iran e dell’Asia centrale presso il CESMEO di Torino. Si occupa anche di divulgazione culturale sulle stesse tematiche.

Francesco Paolo Ammirata, La radice e la castagna. La ricerca dell’initium fundamenti nell’immacolismo inglese del XII secolo

 

Nell’Inghilterra della prima metà del XII secolo, la mariologia monastica benedettina ha individuato alcuni strumenti di taglio prettamente argomentativo nella definizione e nella stabilizzazione del culto della Conceptio Mariae. Prima della riflessione avanzata dagli indirizzi scolastici del XIII secolo sul tema concezionista, alcuni benedettini inglesi sollevano rilievi teologici e speculativi a difesa della prerogativa mariana che li consegnerà alla storia della mariologia come i pionieri dell’Immacolata Concezione. In un percorso storico-storiografico che tenta di interrogare e di ricontestualizzare gli apporti teorici veicolati dalla trattatistica fiorita in quegli anni, viene analizzato il debito maturato con la tradizione patristica greca e latina, con la trasmissione dei vangeli apocrifi e con l’iconografia di matrice italo-bizantina. La lettura di alcuni brani tratti dalle opere di Osberto di Clare, Nicola di St. Albans ed Eadmero di Canterbury, infine, tenta di sollecitare le posizioni teologiche dichiarate o adombrate dai tre benedettini, alla luce di un comune denominatore che rintraccia nella complessa ricerca dell’initum fundamenti una delle possibili istanze embrionali tradite dalla controversia.

 

Parole chiave: Immacolata Concezione, Inghilterra, vangeli apocrifi, peccato originale, fondamento

 

Francesco Paolo Ammirata (Palermo 1979) si è laureato in Filosofia nel 2006 presso l’Università degli Studi di Palermo e ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento presso la Scuola Interuniversitaria di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario nel 2008. È docente di Filosofia e Storia nei Licei e docente a contratto di Etica e Deontologia Professionale per la Formazione Professionale della Regione Siciliana. La sua ricerca è orientata principalmente allo studio dei fondamenti logico-epistemologici del metodo dimostrativo nell’Ars di Raimondo Lullo, con particolare riferimento alle questioni che impegnano la filosofia del linguaggio e della scienza nel periodo bassomedievale e moderno.

 

Giovanna Carnevale, La Cribratio Alchorani di Nicolò Cusano: origine e compimento di una diatriba religiosa

 

 

Nicolò Cusano elabora la Cribratio Alchorani al fine di tracciare piani di possibile concordanza tra Vangelo e Corano, di individuare nelle esplicite affermazioni coraniche il significato implicitamente cristiano in esse celato. Mediante un’analisi pedissequa dei tre libri che compongono la Cribratio Alchorani, scopo di questo lavoro è rinvenire in che misura la tradizionale polemica cristiana anti-islamica abbia influenzato il pensiero cusaniano nell’ambito della questione concernente la complessa relazione che intercorre tra Islām e Cristianesimo.

 

 

Parole chiave: Nicolò Cusano, dialogo interreligioso, esegesi coranica, polemica cristiana anti-islamica

 

Giovanna Carnevale ha conseguito la Laurea in Scienze Umane e Pedagogiche presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Palermo, con una tesi sulla Cribratio Alchorani di Nicolò Cusano. Attualmente collabora con l’Officina di Studi Medievali e si occupa di testi arabi medievali su tematiche di dialogo interreligioso.

 

 

Giorgia Casesi, Le pergamene latine dell’Archivio di Stato di Palermo provenienti da Negroponte

 

Un tabulario “assemblatosi” seguendo le fasi storiche che porteranno alla costituzione dell’Ospedale Grande e Nuovo di Palermo non può contenere che documentazione eterogenea.

Seguendo le pieghe della storia politica e religiosa della Sicilia le pergamene spostano la nostra attenzione verso est e ci portano sino ai ducati di Atene e Neopatria e Negroponte, antica Eubea, meta di tanti viaggi commerciali e non solo. I documenti presi in esame lasciano scorgere, loro malgrado, già dall’intitulatio i rapporti e le influenze che legarono i ducati alla Sicilia e alla Repubblica Marinara di Venezia.

 

Parole chiave: Negroponte, ducati di Atene e Neopatria, tabulario delle pergamene “Varie”.

 

Giorgia Casesi (Palermo, 1981) si è laureata in lettere moderne nel 2005 presso l’Università degli Studi di Palermo con una tesi in diplomatica (relatore Diego Ciccarelli) dal titolo Le pergamene varie dell’ospedale Grande e Nuovo di Palermo, sec. XIII-XV d.C. Collabora con la Biblioteca Francescana della Provincia di Sicilia dei Frati Minori Conventuali e con l’Officina di Studi Medievale di Palermo.